Invecchiare al tempo della rete

«Nessuno è diventato vecchio su internet, almeno fino a ora», questo l’incipit del saggio di Massimo Mantellini intitolato Invecchiare al tempo della rete (Einaudi). Le riflessioni del nostro Autore, uno dei maggiori esperti di comunicazione in Italia e creatore di Manteblog, sono talmente veritiere da diventare urticanti per quanti non si pongono problemi sul senso della vita, non intendono sviluppare una coscienza critica e fingono che gli anni non passino.

Nei social esiste, cioè, una sorta di graduale e strategico ritiro della propria immagine statica e dinamica immortalata per anni con smartphone, tablet, action cam,ecc.

Il primo ritiro? Dopo con corso online dal titolo “Come fare un bel selfie dopo i cinquant’anni”, si userà una tecnica piuttosto nota del selfismo per sembrare meno vecchi: «Mezza faccia dentro il selfie, l’altra metà della scena, invece, sarà riservata a un innocuo panorama o una natura morta in un interno poco illuminato». All’inizio proveremo una certa soddisfazione, ma dopo qualche anno opteremo per un secondo ritiro strategico: toglieremo dall’inquadratura anche la mezza faccia, cioè quel poco di autostima che c’era rimasta. L’esperto di comunicazione descrive così il processo della vecchiaia nell’infosfera: essa, «quando arriva, smette di guardarsi allo specchio e di scattarsi foto. Detesta i promemoria e tenta di evitarli. La vecchiaia ruota l’obiettivo del selfie e si concentra sul panorama: fotografa i fiori e gli altri umani intorno».

Col passare del tempo, gli amici o o conoscenti vedranno nei nostri profili social esclusivamente i nostri indimenticabili viaggi quando avevamo 30 anni, le foto di gruppo degli anni del liceo, le nostre pose ispirate ai poster dei nostri miti dell'adolescenza. «Il nostro rullino esteriore continuerà a rappresentarci là fuori, negli ambiti digitali che frequentiamo usualmente, ma si tratterà solo di un’impressione». Ovviamente tutto ciò non vale per quanti decidono di fare ricorso a un uso spropositato dei filtri di bellezza.

Quando, però, i nostri contatti social ci vedranno in carne e ossa, privi dei nostri filtri magici di bellezza, accadrà qualcosa di simile all’incontro tra Fabris e Finocchiaro nella scena del film Compagni di scuola di Carlo Verdone:  

- Fabris: Finocchiaro? Finocchiaro! Ciao.
- Finocchiaro: Ahò, m’arendo: chi dovresti da esse’ te?
- Fabris: Ma come, non mi riconosci?
- Finocchiaro: No!
- Fabris: Sono Fabris!
- Finocchiaro: Fabris? […]
- Fabris: Sono un po’ dimagrito, un po’ stempiato ... Ma sono Fabris, primo banco a destra ...
- Finocchiaro: Nun ce prova’... Tu c’hai avuto ‘n crollo... d’ottavo grado d’a scala Mercalli però! 

Il vecchiogiovane 

Mantellini ci presenta, poi, la figura del vecchiogiovane, che occuperà in futuro molti spazi dell’infosfera; anzi ne sarà il dominatore assoluto. Di che tipo di figura parliamo? È l’anziano costretto a stare a passo coi tempi: «La sua caratteristica intima e rilevante è l’incertezza di sé. Il vecchiogiovane vive l’eccitazione della scoperta di un mondo nuovo e il contemporaneo timore di essere riconosciuto. Teme di non essere all’altezza, di non saper argomentare bene i propri sentimenti o di essere costretto a difenderli dagli attacchi di chi si renderà conto delle sue difficoltà a interpretare il mondo: un mondo che nel frattempo è cambiato e che lui fatica a riconoscere». 

Noi vecchigiovani saremo onlife, parleremo di qualsiasi argomento, ma sempre con la paura di essere smascherati. Una paura che è una certezza. Come ne Il Sosia di Fëdor Dostoevskij, qualcuno dirà di noi: «È un po’ troppo bianco di capelli e mi sembra che la vecchiaia lo abbia rimbambito». Basta con le illusioni: «Potremo sfuggire allo specchio,  [...] ma non potremo non osservare le nostre mani, sulle quali sono in evidenza le vene, la nostra pancia, molle e grinzosa, i nostri piedi, le cui unghie, nonostante l’impegno del pedicure, risultano ispessite e crepate».

Criticheremo sempre i più giovani, useremo etichettatrici professionali adesive o a bobina per definirli, li invidieremo senza mai ammetterlo.

Non dobbiamo, però, perdere le speranze perché l’intellettuale del futuro sarà l’uomo del link e noi vecchigiovani avremo la nostra rivincita. Mantellini, infatti, ci dice che l’uomo del link non sarà necessariamente giovane o vecchio: «Si tratterà di persone giovani alle quali in altri tempi mai avremmo attribuito simili ruoli di indirizzo, altre volte saranno figure capaci di annusare l’aria e capire dove sta andando il mondo prima e meglio degli altri. In un numero considerevole di casi l’uomo del link sarà un vecchiogiovane perché in una simile figura si sapranno fondere l’analogico della cultura precedente e il digitale della formazione dentro il network: una sorta di bestia ibrida che saprà costruirsi un proprio spazio dentro l’età di passaggio da una società culturale fatta di riviste, libri di carta e trasmissioni Tv a una edificata sulle relazioni digitali, sulla propria esposizione su Instagram, YouTube, Facebook o su altre piattaforme».

Sarà più difficile essere dimenticati 

Infine, il nostro Autore dedica un paragrafo alla paura di essere dimenticati per sempre. Afferma: «Essere dimenticati diventerà [...] meno probabile di [...] prima. È questo uno dei rari effetti controcorrente degli ambienti digitali sullo scorrere del tempo: relazioni sociali effimere, casuali, a costo zero (tanto che sarà possibile, se lo vorremo, annullarle istantaneamente perché le opzioni del sistema lo prevedono) diventano un’ancora di salvezza nei confronti dell’oblio che ci attende. Sarà più arduo essere dimenticati, ma occorrerà comunque dare battaglia per sopravvivere all’oblio. Lotteremo per non essere dimenticati, ma sarà quello il momento in cui escogitare trucchi, approntare travestimenti, disegnare strategie per non apparire agli altri quei vecchi che ormai siamo». D’altronde, noi vecchigiovani abbiamo il grande merito di aver fatto in modo che l’adorazione dell’eterna giovinezza diventasse la religione con più seguaci al mondo.

A proposito di eternità, nei prossimi decenni – secondo una proiezione citata da Mantellini – il numero di profili Facebook di persone morte, sepolte col loro corpo o cremate, supererà quello dei vivi e vegeti. Nell’infosfera non preverrà solo la vecchiaia, ma anche la morte. Facebook sarà un cimitero «in cui le lapidi saranno le parole, le immagini e i video di persone che non ci sono più».

Attenzione, dunque, a ciò che postiamo: rimarrà in eterno e saremo giudicati in base alle nostre parole e opere. Tra cinquant'anni, o forse anche meno, della nostra generazione di vecchigiovani qualcuno potrebbe dire: «Erano proprio lagnosi! Per fortuna si sono estinti!».


Giuseppe Pani


Massimo Mantellini, Invecchiare al temo della rete, Einaudi, Torino 2023.

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L'autore

MASSIMO MANTELLINI (Forlí, 1961) è uno dei maggiori esperti della rete internet italiana. Negli anni ha collaborato con «Il Sole 24 Ore», «L’Espresso», «il Post» e altre testate giornalistiche. Dal 2002 aggiorna manteblog, uno dei blog personali italiani piú letti. Si occupa prevalentemente dei temi legati alla cultura digitale, alla politica delle reti, alla privacy e al diritto all’accesso. Nel 2014 ha pubblicato per minimum fax La vista da qui. Appunti per un’internet italiana. Per Einaudi ha pubblicato Bassa risoluzione (2018) e Dieci splendidi oggetti morti (2020).